MOSTRA FOTOGRAFICA

"ETIOPIA IL VERO VOLTO DELL'AFRICA ANTICA"

Ostuni 1-30 agosto 2010 - Palazzo Cirignola C.so Mazzini

 

Mostra Fotografica 2010
 
  Etiopia 2010

La vita è un viaggio e viaggiare è vivere due volte”. E’un detto di un filosofo persiano a cui mi riferisco  per raccontare l’esperienza di questo viaggio meraviglioso quasi a Etiopia 2010 trasportarmi in un’altra vita dove ho osservato natura e uomini nella loro “essenzialità” e “ricchezza”.

Il paesaggio è di rara bellezza: la vegetazione lussureggiante avvolge tutto; le capanne circolari sono disseminate qua e là fra le dolci onde verdi; il silenzio e il cielo languido sfumano questo paesaggio che appare incantato e fuori dal tempo…Percorrendo la valle dell’Omo ho conosciuto una varietà di popoli africani che comunicano, oltre alle loro tradizioni, una grande umanità. È consueto vedere gente che si sposta a piedi lungo le strade con in spalla o in testa i carichi più svariati per raggiungere la propria casa (capanna), o un pascolo a cui condurre le bestie, o un mercato.

Ognuna delle ripetute soste per fotografare il paesaggio finisce per essere opportunità di contatto, ed è stupefacente come bastino pochi minuti per vedere accorrere da ogni direzione gente che ti scruta e che spera in qualche benevolenza. Discendendo per l’Omo River  mi sono addentrato nel cuore di questa terra selvaggia, un emozionante incontro con “natura e culture etniche”. Osservare la vita sociale dei popoli che la abitano è un confronto forte con la nostra modernità e un momento di grande riflessione. I Mursi,gli Ari, gli Hamer, i Banna, i Konso… sono solo alcune delle interessanti etnie presenti che da secoli conservano tradizioni e riti come se il mondo attorno non esistesse. 

Etiopia 2010Non c’è televisione, né telefono, non ci sono i giornali, né ci sono lingue scritte, solo lingue parlate appartenenti a ceppi diversi  e il linguaggio  dei loro corpi dipinti, delle acconciature sofisticate, delle deturpazioni, dei piattelli labiali e auricolari, delle scarificazioni, degli abiti in pelle adorni di perline e conchiglie. La cura del corpo come quella per le mandrie, unici beni disponibili, sono assolute. Noi  uomini bianchi, con i nostri corpi  ci sentiamo inevitabilmente elementi estranei e dissonanti fra i loro corpi dalle forme perfette ed armoniche, dove la pelle scura dipinta con terra color bianco, ocra e rossa è un vestito di bellezza assoluta e di primordiale sensualità. Anche le deturpazioni, le cicatrici, le frustate,  possono essere giudicati come usanze barbare e primitive, e sicuramente lo sono per noi, ma per queste popolazioni significano soprattutto identità e senso di appartenenza, qualcosa che noi, uomini della modernità, abbiamo in parte perso.

Un clic, magari con la complicità della magia  del colore, non semplicemente per cogliere un attimo, ma per mostrare le mille sfumature di questa terra. Una foto  come mezzo per raccontare, per scavare nell' intimo della gente, quella che ogni giorno si muove verso confini inesistenti creati dall'uomo. Un clic, per raccontare una parte di Africa, quella vera, quella che pochi hanno toccato con mano, quella vista  con gli occhi del cuore  di un uomo che cammina con la macchina fotografica al collo.
 
Etiopia 2010

ORVIETO

CONCORSO INTERNAZIONALE

 FIOF 2010

"Professional Photography Awards" VINCITORE del  premio "Gold"

nella sezione reportage

 
Premio Gold Orvieto 2010 

IL SALTO DEL TORO

Siamo in terra Hamer. Gli uomini hanno fisici atletici, si dipingono con terre e pigmenti vegetali color ocra e bianco e indossano elaborate acconciature. Le donne sono vestite di pelli, adorne di conchiglie, pesanti collari e bracciali, i capelli impastati d’argilla. Praticano riti di iniziazione, fra cui il famoso salto del toro: il ragazzo iniziato deve ‘saltare’ per quattro volte, senza cadere, una decina di tori affiancati correndo sulla loro schiena. Un gruppo di giovani donne ballano scatenate, al suono di trombe di latta: sono eccitatissime, hanno i corpi lucidi e sudati e le schiene sanguinanti. Con aria provocante e spavalda porgono ai giovani uomini dei rami lunghi e flessibili chiedendo di essere frustate: non un lamento, non una smorfia di dolore, ma anzi la richiesta di nuove frustate. Sono le giovani parenti dell’iniziato che gli dimostrano così il loro affetto: le cicatrici rimarranno a testimoniare il loro valore. I “maz”, i giovani già iniziati, preparano  la cerimonia e incoraggiano il ragazzo.  Il giovane salta sui tori  velocemente  quasi sfiorando i dorsi degli animali. Se ce la farà sarà accettato dalla comunità e diventerà  futuro marito se non ce la farà  rimarrà un reietto della sua tribù,  perché non completare il salto del toro comporta lo scherno per il resto della vita.

  
 

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